Del salso Gela, che col vago piede
Il fertil seno di Sicilia parte,
A la sinistra riva alzar si vede
Rocca la fronte in rilevata parte;
Che de' Barresi illustri antica sede
Cara è stata a le Muse, e cara a Marte;
Onde uscir sempre le più vive luci,
Di senno e di valor fidate duci.
E ben venir dalla chiarezza han mostro
Del sangue ond' hebbe vita il pio Goffrido,
E gli altri espressi dal purgato inchiostro,
Che sol hoggi ha fra noi la fama e il grido.
Hor in questo sublime eletto chiostro,
Qual novella Fenice in suo bel nido,
Nacque la nobil Dorotea, che ancora
Non pur' Italia, Europa tutta honora.
Ella qui in tempo, ed in virtù poi crebbe;
E di Giovanni il bel fatta consorte,
Le prime palme, e le più chiare accrebbe
Al gran nome immortal di Branciforte.
E però sempre amò, sempre caro hebbe
Il loco, a cui quel ben fu dato in sorte,
Fabritio il buon, Fabritio a sì gran madre
Degno figlio non men, ch'a si bel padre.
Di ricchi arnesi il signoril castello
Fu da' primieri fondatori adorno;
E lo fèr vago a maraviglia e bello
I bianchi marmi e' bei dispri intorno;
Ma l'opere di lima o di pennello
Son tal, che fanno a Morte invidia e scorno,
Vivi serbando degli estinti egregi
Gli aspetti, i fatti, le vittorie, e i pregi.
Nell'ampissime sale in su dal tetto
Armi pendenti, e spoglie da' pareti,
Spirano un dolce horror che con diletto
Spaventa e rende i riguardanti lieti:
Ha poscia in luminoso e bel ricetto
Humano studio onde s'affanni e acqueti;
Ne le moderne carte e ne le antiche
De' più saggi scrittori l'alte fatiche.
Pompa maggior Sicilia mai non vide;
Nè vedrà forse ne l'età futura;
(Filippo Paruta - Palermo, 1552 – 1629
Il fertil seno di Sicilia parte,
A la sinistra riva alzar si vede
Rocca la fronte in rilevata parte;
Che de' Barresi illustri antica sede
Cara è stata a le Muse, e cara a Marte;
Onde uscir sempre le più vive luci,
Di senno e di valor fidate duci.
E ben venir dalla chiarezza han mostro
Del sangue ond' hebbe vita il pio Goffrido,
E gli altri espressi dal purgato inchiostro,
Che sol hoggi ha fra noi la fama e il grido.
Hor in questo sublime eletto chiostro,
Qual novella Fenice in suo bel nido,
Nacque la nobil Dorotea, che ancora
Non pur' Italia, Europa tutta honora.
Ella qui in tempo, ed in virtù poi crebbe;
E di Giovanni il bel fatta consorte,
Le prime palme, e le più chiare accrebbe
Al gran nome immortal di Branciforte.
E però sempre amò, sempre caro hebbe
Il loco, a cui quel ben fu dato in sorte,
Fabritio il buon, Fabritio a sì gran madre
Degno figlio non men, ch'a si bel padre.
Di ricchi arnesi il signoril castello
Fu da' primieri fondatori adorno;
E lo fèr vago a maraviglia e bello
I bianchi marmi e' bei dispri intorno;
Ma l'opere di lima o di pennello
Son tal, che fanno a Morte invidia e scorno,
Vivi serbando degli estinti egregi
Gli aspetti, i fatti, le vittorie, e i pregi.
Nell'ampissime sale in su dal tetto
Armi pendenti, e spoglie da' pareti,
Spirano un dolce horror che con diletto
Spaventa e rende i riguardanti lieti:
Ha poscia in luminoso e bel ricetto
Humano studio onde s'affanni e acqueti;
Ne le moderne carte e ne le antiche
De' più saggi scrittori l'alte fatiche.
Pompa maggior Sicilia mai non vide;
Nè vedrà forse ne l'età futura;
(Filippo Paruta - Palermo, 1552 – 1629
Per lo matrimonio della Sig.a Giovanna d' Austria col Principe di Pietraperzia)
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